GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA

Giornata mondiale della Poesia

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un angolo di Roma, foto di patty

 

PORTAMI   IL GIRASOLE

Portami il girasole che io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti del cielo
l’ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musica.
Svanire è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
evapora la vita quale essenza,
portami il girasole impazzito di luce.

E.Montale

La poesia è un arte che dovrebbe invadere ogni campo della nostra vita. Se ci fosse più poesia nelle nostre vite, il mondo sarebbe sicuramente migliore. Aristotele nella sua Poetica ,vide la poesia come la rappresentazione del vero universale. La teoria aristotelica influenzò la cultura occidentale fino al XVII secolo. L’autonomia della poesia venne meno nel Medio Evo, per due differenti istanze:l’attribuizione di un valore allegorico-moralisico ad ogni produzione poetica e la minuziosa analisi formale dei modi e delle tecniche poetiche.

Nel Settecento col Vico e Diderot, iniziarono le prime rivalutazioni dell’istintività del poeta. Ma solo col Romanticismo si affermò l’autonomia creatrice del poeta. Il concetto di una poesia pura, rivelatrice del mistero dell’esistenza per mezzo d’immagini, trovò la sua espressione con Poe, Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé. Così avremo una poesia intesa come pura intuizione, una come fondazione dell’essere(esistenzialismo) e come stimolo ad indagare nella problematicità della condizione umana. Col tempo la poesia si è evoluta, si è liberata da regole e canoni, è diventata espressione libera dell’animo umano e ricca di sentimenti. Sempre capace di creare emozioni ed elevare l’anima, perciò vi vorrei dare un consiglio leggete almeno una poesia al giorno, il mondo vi sembrerà migliore, magari cominciando da questo capolavoro di Giacomo Leopardi.

L’INFINITO

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.

 

 

 

 

 

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